
Questi lavori iniziano a mostrare un Morente innovatore: fu tra i primi a inserire testi di grandi poeti (Miguel Hernández, García Lorca, Antonio Machado, Bergamín…) come testi per i suoi canti flamencos.
Negli anni ’70 arrivarono il Premio Nacional de Cante (1972) e il Premio Nacional de Música Popular (1978). Senza sapere scrivere musica, iniziò a comporre per teatro, cinema e TV, oltre a tenere conferenze e sperimentare nuovi percorsi sonori. Collaborò con chitarristi come Pepe Habichuela, e più tardi con gruppi come Lagartija Nick, avvicinandosi anche al rock sperimentale e al flamenco fusión.

Una famiglia unita – Romeo e Giulietta flamenchi
La storia d’amore tra Enrique Morente e Aurora Carbonell sembra uscita da un racconto popolare, una romanzaandalusa, o forse da una versione gitana e flamenca di Romeo e Giulietta. Ma in questo caso, il finale non fu tragico: fu un amore vero, forte, duraturo. E per molti anni felice.
Si conobbero a Madrid. Lei era una ragazza di appena sedici anni, bellissima e fiera, figlia di una famiglia gitana tradizionale. Lui, un giovane cantaor già inquieto e pieno di idee, proveniente da una famiglia paya di Granada. La differenza tra le loro origini, all’epoca, era una barriera quasi insormontabile. Ma tra Enrique e Aurora scattò qualcosa che non conosceva divieti: l’amore.
Cominciarono a frequentarsi di nascosto, lontano dagli occhi dei genitori di lei. Erano giovani e innamorati, ma anche consapevoli del peso delle tradizioni. In quell’epoca, una ragazza gitana non poteva semplicemente “fidanzarsi” con un ragazzo payo. Ma loro non si arresero.
Quando Enrique fu costretto a tornare a Granada, la scelta fu netta: Aurora lo seguì. Scapparono insieme, sfidando le regole non scritte del loro mondo. Per la comunità gitana, una fuga d’amore è un gesto radicale: è come essere già sposati. La prima notte la passarono su una panchina, sotto le stelle, con la Alhambra a fare da testimone silenziosa. E da quel momento, Granada non li lasciò più.
Due anni dopo nacque Estrella, la primogenita. Poi arrivarono Soledad e José Enrique (Kiki). Una famiglia unita, cresciuta tra musica, poesia, silenzi e complicità. Una casa dove il flamenco non era solo un’arte, ma un linguaggio quotidiano, un modo di amare, di crescere, di vivere.
Aurora Carbonell ha vissuto l’arte con il corpo e con l’anima. Per anni ha calcato i palcoscenici come bailaora, ma poi nel tempo sempre di più si era dedicata alla famiglia. Quando ha smesso di danzare in pubblico, non ha smesso di creare. Ha semplicemente cambiato strumento. Dai tacchi ai pennelli, dalla tablao alla tela. Ha continuato a raccontare emozioni, ma in silenzio, nella solitudine intima del suo studio.

I suoi dipinti, intensi e vibranti come il compás, hanno trovato casa in luoghi carichi di significato. Sono stati esposti, dopo la morte di Enrique, al Teatro Español di Madrid, proprio di fronte al celebre tablao Villa Rosa — lo stesso in cui suo padre, José Carbonell, conosciuto come Montoyita, infiammava le notti madrilene con il suo duende.
Nel 2010 muore Enrique e nel 2013 tre anni dopo Aurora decise di mantenere una promessa fatta al suo compagno di sempre. Inaugurò la sua prima mostra, intitolata “La Aurora de Morente” – un tributo silenzioso, intenso, carico di amore e memoria.
Aveva sempre dipinto nell’intimità, lontano dai riflettori. Ma Enrique sapeva. Sapeva quanto fosse profondo il suo mondo interiore, e le aveva chiesto di condividerlo un giorno con il mondo.
Quella mostra fu una promessa mantenuta, un debito d’amore saldato.
“All’arte devo la vita”, disse Aurora il giorno dell’inaugurazione.
E fu proprio attraverso l’arte — non più col corpo, ma con la luce e il colore — che riuscì a trasformare il dolore in bellezza.



Forse non sai che Enrique Morente…
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È stato uno dei primi a portare i versi dei grandi poeti nella struttura del cante flamenco.
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Ha collaborato con artisti fuori dal mondo del flamenco, come il gruppo rock alternativo Lagartija Nick nel celebre album Omega (1996), ispirato a Poeta en Nueva York di Lorca e a Leonard Cohen.
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Nonostante la sua immagine innovativa, la sua formazione fu tra le più ortodosse: imparò dai maestri storici e fu un profondo conoscitore degli stili tradizionali.
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Ha sopportato molte critiche da parte dei puristi, ma non ha mai smesso di cercare nuove vie espressive per il flamenco.
L’eredità di Enrique Morente: Estrella, Soledad e Kiki
L’eredità di Enrique Morente non si misura solo nella sua discografia o nell’impronta lasciata nella storia del flamenco, ma anche – e forse soprattutto – nella fiamma che ha saputo trasmettere ai suoi figli. Tre figli, tre voci, tre percorsi diversi che portano nel cuore e nella voce il segno profondo del padre, pur cercando ciascuno una propria via nel mondo della musica.

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Tributi
Discografia Parziale
- Cante flamenco (Hispavox, 1967)
- Cantes antiguos del flamenco (Hispavox, 1968)
- Homenaje flamenco a Miguel Hernández (Hispavox, 1971)
- Se hace camino al andar (Hispavox, 1975)
- Homenaje a don Antonio Chacón (Hispavox, 1977)
- Despegando (CBS, 1977)
- Sacromonte (Zafiro, 1982)
- Cruz y luna (Zafiro, 1983)
- Nueva York-Granada, con Sabicas (BMG Ariola, 1990)
- Misa flamenca (BMG Ariola, 1991)
- Negra, si tú supieras (Nuevos Medios, 1992)
- Alegro, soleá y fantasía de cante jondo (Discos Probeticos, 1995)
- Omega (Discos Probeticos, 1996)
- Lorca (Virgin, 1998)
- El pequeño reloj (EMI Odeón, 2003)
- Sueña la Alhambra (EMI, 2005)
- Las mil y una noches (Centro Atlántico de Arte Moderno, 2006)
- Pablo de Málaga (Discos Probeticos, 2008)
- Llanto por Ignacio Sánchez Mejías (Patronato Cultural Federico García Lorca, 2010)
- El barbero de Picasso (2011)