Blanca del Rey: l’eleganza eterna del mantón
Blanca Ávila Molina, conosciuta in tutto il mondo come Blanca del Rey, è una delle grandi signore del flamenco. Nata a Córdoba nel 1946, incarna un ideale di arte e raffinatezza che attraversa il tempo. Danzatrice, coreografa, direttrice e custode di un patrimonio vivente, è simbolo dell’equilibrio perfetto tra innovazione e rispetto della tradizione.
Dalla Plata al Gran Teatro
La vocazione per il flamenco si manifesta in lei fin da bambina. A soli sei anni già vince concorsi e si esibisce con successo al Gran Teatro di Córdoba. Conosciuta inizialmente come Blanquita Molina la Platera, soprannome preso dalla strada in cui abitava, debutta a dodici anni al tablao El Zoco, affacciandosi giovanissima al mondo professionale.

Madrid e l’incontro con il destino
A soli quattordici anni si trasferisce a Madrid, cuore pulsante del flamenco dell’epoca. Qui calca il palcoscenico delle mitiche Cuevas de Nemesio, per poi diventare una delle stelle del celebre Corral de la Morería, luogo che segnerà per sempre la sua vita artistica e personale. Lì incontra Manuel del Rey, fondatore del tablao, che diventerà suo marito. Dal loro matrimonio nasceranno due figli… ma anche una lunga pausa dalla danza.
Il sacrificio silenzioso delle artiste
Per molte donne flamencas del passato, il matrimonio significava rinunciare alla carriera. Non era solo una scelta personale, ma spesso una conseguenza delle aspettative sociali del tempo. Blanca del Rey, in quegli anni di silenzio scenico, non smette però di studiare: osserva, ascolta, riflette. E proprio in quel ritiro matura una trasformazione profonda della sua danza, interiorizzando ogni gesto e purificando l’intenzione artistica.

Il ritorno e la Soleá del Mantón
Dopo circa un decennio, con i figli cresciuti, Blanca ritorna al flamenco con una nuova maturità espressiva. Le sue coreografie personali delle alegrías de Córdoba, della caña e delle guajiras lasciano il segno. Ma è con la “Soleá del Mantón” che entra nella leggenda. Questa coreografia è diventata pietra miliare del flamenco scenico: il mantón – scialle ricamato con lunghe frange – nelle sue mani non è solo un accessorio, ma un prolungamento dell’anima. Ogni gesto è canto muto, memoria, dignità e tempesta. Questa creazione ha influenzato intere generazioni di bailaoras e continua a essere punto di riferimento per chi cerca verità e bellezza nel movimento.
Il Corral de la Morería: un tempio del flamenco
Insieme al marito Manuel del Rey, Blanca ha contribuito a fare del Corral de la Morería uno dei tablao più famosi al mondo. Fondato nel 1956, è stato palcoscenico per le più grandi figure del flamenco, nonché punto d’incontro tra arte, cultura e personalità internazionali. Dopo la morte del marito, Blanca ha continuato a dirigere il tablao, oggi gestito anche con i figli, in particolare Juan Manuel del Rey, che ne ha rafforzato la proiezione internazionale.
Nel tempo, il Corral è diventato un ambasciatore del flamenco nel mondo, promuovendo una visione del tablao non come luogo turistico, ma come spazio di arte viva e altissima qualità. Non a caso, è uno dei pochissimi locali in Spagna a vantare una stella Michelin grazie alla sua proposta gastronomica, a testimonianza dell’unione tra eccellenza artistica e accoglienza raffinata.

Una vita di riconoscimenti e amore per l’arte
Blanca del Rey ha calcato palcoscenici internazionali accanto ad artisti del calibro di Maya Plisetskaya, Pete Schauffuss, Silvia Guillén e Trinidad Sevillano. È stata celebrata in tutto il mondo, ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Flamenco Research Award a Jerez de la Frontera (2020) e un emozionante omaggio al Montilla Flamenco Tasting nel 2019. La scrittrice Rafaela Sánchez Cano l’ha inserita nel suo libro “Mujeres de Córdoba”, accanto ad altre figure femminili fondamentali per la storia culturale della città.
Il contributo di Blanca del Rey al flamenco non si misura solo nei riconoscimenti. Il suo più grande merito è aver dato voce e dignità alla bailaora matura, capace di trasmettere intensità ed emozione non con la forza, ma con la presenza, con la memoria del corpo, con l’eleganza dell’assenza. In un mondo in cui l’arte femminile spesso veniva interrotta dal dovere familiare, Blanca ha trasformato il silenzio in ricerca, il sacrificio in maturità, la pausa in potenza creativa.